Rimanere umani anche dietro uno schermo

Gli strumenti digitali dell’ultimo decennio hanno cambiato profondamente le nostre vite, fornendo tante nuove incredibili opportunità ma aprendo nuovi scenari talmente dirompenti che l’intera comunità globale sta faticando ad adattarsi. Il fenomeno della polarizzazione, della riduzione del confronto vero (che non è lo scontro, ma la capacità di ascolto e soprattutto la comprensione di idee diverse) si è drasticamente ridotta, lasciando spazio quasi sempre a chi semplicemente si approccia come se dall’altra parte dello schermo non ci fossero altri esseri umani, ma entità indefinite su cui sfogare la complessità e le difficoltà quotidiane. Qualsiasi scelta può, ovviamente, prestarsi a non essere condivisa e suscitare dubbi o critiche, soprattutto se si tratta di scelte che riguardano regole da rispettare. Ma, anche se difficile, prima di emettere sentenze bisognerebbe riuscire a considerare sempre il contesto complessivo e le esigenze collettive. Non penso sia necessario provare a ricoprire un incarico come quello del sindaco (che da questo punto di vista è una delle palestre più efficaci che possano capitare) per capire che se vengono fatte alcune scelte è perché ci sono bisogni di parti della collettività che chiedono risposta. Collettività di cui peraltro tutti siamo parte. Noi tutti, ad esempio, a volte siamo automobilisti, a volte pedoni. A volte guidiamo da soli, a volte ci troviamo (o ci troveremo) a guidare con la responsabilità di tutelare i figli e i nipoti a bordo. Oppure ci troviamo (o ci troveremo) a pensare alla sicurezza di questi stessi figli o nipoti come pedoni o automobilisti.

Quanto è emerso in alcune esternazioni (non tante per la verità) a seguito di alcune scelte locali, credo debba far riflettere tutti noi su come meglio poter rappresentare le proprie idee in un contesto sociale complesso, ricordando sempre che negli adulti c’è una responsabilità in più: quello dell’esempio alle nuove generazioni.

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