25 aprile 2022

Buongiorno a tutte e a tutti.

È bello ritrovarci in Piazza, dopo questi anni segnati da una emergenza sanitaria globale che ci ha costretto a cambiare le nostre vite e che ha segnato per sempre, purtroppo in molte, troppe occasioni, la vita delle famiglie delle nostre comunità che hanno dovuto affrontare il lutto di un proprio caro portato via dalla malattia causata dal terribile virus.
Ma nello stesso tempo sono drammatici i giorni che stiamo vivendo, con una guerra in corso cosi vicina a noi, che ci riporta subito alla memoria la tragedia causata dai regimi nazifascisti del secolo scorso seguita poi dalla rinascita grazie alla Liberazione che proprio ogni 25 aprile ricordiamo.
Una guerra, quella nel cuore della nostra Europa, che riaccende, o dovrebbe farlo, le nostre coscienze anche sulle tante guerre in corso nel mondo, molte dimenticate, e sulle conseguenze che soprattutto i più deboli, le famiglie, le donne, i bambini devono subire a causa di decisioni di singoli che nulla hanno a che fare con quello che una società civile dovrebbe fare per dirimere i problemi. O ancora meglio, su quello che dovrebbe fare per progredire nei concetti di uguaglianza, pari opportunità, rispetto.Una guerra che deve essere fermamente condannata. Senza se e senza ma.

Non importa neppure citare gli importanti accordi internazionali a tutela della pace o le convenzioni sui diritti dell’uomo e delle donne, basta avere chiara la necessità di condannare ogni forma di sopraffazione e l’utilizzo delle armi per invadere un altro paese, sottomettere una popolazione. Perché la guerra, come strumento di risoluzione dei conflitti, è sempre immorale.La nostra Costituzione è chiara su questo tema.

L’art. 11 recita tra l’altro:
“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni”.È nostra responsabilità supportare le popolazioni colpite, vittime di un orrore di cui noi stiamo vedendo solo la superficie, perchè il resto probabilmente lo leggeremo nei futuri libri di storia alla voce “crimini di guerra”.
Il supporto non può che avere anche un significato materiale, di fronte a chi sta cercando una via per poter ancora vivere da uomo libero o donna libera, nella terra in cui è nato e cresciuto, con la propria famiglia e la propria comunità. Quei treni pieni di donne e bambini con una borsa che contiene tutto ciò che molto spesso gli è rimasto, quelle intere città rase al suolo, quelle migliaia di vite spezzate nelle tragica inumanità che gli uomini riescono a mostrare in tutto il suo orrore durante un conflitto armato in cui vengono coinvolte inermi popolazioni civili, non possono generare un dibattito su da che parte stare.

E quindi, ora, ognuno di noi ha un ulteriore compito per contribuire a onorare questo 25 aprile, ovvero fare il possibile per dare accoglienza a chi sta fuggendo da tutte le guerre, senza distinzione. E poi adoperarsi per ridurre ogni tipo di dipendenza economica da regimi di stampo illiberale, anche attraverso le necessarie rivoluzioni culturali e di approccio anche alle nostre attività quotidiane.
Questo non sarà sempre facile e potrebbe comportare cambiamenti nel nostro modo di vivere, ma del resto di cosa stiamo parlando proprio oggi, se non del sacrificio più grande, quello delle tante giovani donne e uomini che hanno dato la vita per le conquiste democratiche di cui oggi possiamo godere?

Buon 25 aprile quindi a tutti, che sia un giorno di riflessione per la nostra coscienza, e di sprone per quello che decideremo, ognuno di noi nella nostra vita quotidiana, da oggi in avanti. Nelle nostre azioni di ogni giorno, nell’esempio che diamo ai nostri figli. Partendo da ciò che ci unisce, prima che da quello che ci divide.Dobbiamo riscoprire la capacità di ascolto, favorire il dialogo, considerare la diversità, anche di opinioni, come un valore e non come un pretesto per generare conflitto. Ad esempio, soprattutto di fronte a tematiche particolarmente complesse e delicate – come una guerra così brutale come quella a cui stiamo assistendo – si può essere in disaccordo su alcune posizioni o alcuni passaggi, senza per questo sentire il bisogno di delegittimare la reciproca onestà intellettuale o la reciproca appartenenza a un comune sentire di fondo, in termini di valori e di principi.Smettiamola, qualunque sia il nostro ruolo – anche solo quello di un privato cittadino che utilizza la sua pagina social per partecipare al dibattito pubblico – di fomentare le divisioni e le posizioni più estreme, assurde e irrazionali per avere visibilità. Ripartiamo dalla pazienza necessaria alla conoscenza delle situazioni, troviamo il modo di denunciare chi strumentalizza la pubblica opinione a scopi personali o per profitto, isoliamo i diffusori di menzogne con la forza della cultura.

Alleniamoci ad essere consapevoli della complessità. E a farlo nel modo giusto. Perché come ha scritto un noto giornalista qualche giorno fa – bisogna essere capaci di distinguere il piano dell’analisi da quello della scelta. È bene sapere che le cose sono sempre complesse, ma questo non è un alibi per esimerci dalla responsabilità di prendere delle decisioni.
Non possiamo stare fermi su tutti questi temi, lasciando che siano altri ad occuparsene, anche perché la conoscenza diffusa dai nuovi strumenti digitali e in buona parte responsabilità dei singoli, nel bene e nel male.Scegliamo quindi ogni giorno di rifiutare ogni tipo di discriminazione, forma di odio e incitamento alla violenza e non accettiamo mai il compromesso al ribasso di chi non ha il coraggio di esprimersi nettamente su questi temi, per riprendere il cammino di speranza in cui proprio in questi giorni quasi 80 anni fa, tante giovani donne e giovani uomini hanno creduto.

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W la Resistenza
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