“Senza futuro? Non dire cazzate”

wired2014In questi anni me lo sono sentito dire tante volte: non si può fare, è impossibile, non ce la farai mai, certe cose non si possono cambiare.. e tutte le volte dopo aver sentito queste frasi mi è sempre scattato in testa qualcosa che mi ha spinto ad accettare la sfida del cambiamento.

E spesso, grazie alle tante persone che ci hanno creduto e che hanno lavorato per raggiungere l’obiettivo, anche a realizzarlo.

Per questo voglio prendere a prestito la prima pagina di un storica rivista di cultura digitale come ‘titolo’ per il 2014 e fare due inviti:

il primo a tutti quelli che oggi sono in difficoltà, e ne ho conosciuti tanti in questi anni: un invito a non smettere di credere nelle proprie possibilità e continuare a perseguire i propri obiettivi

il secondo a tutti quelli che dicono sempre no, che hanno sempre una critica e mai una proposta, che sostengono la paura e mai la speranza: basta, è ora di costruire insieme, è ora di togliere steccati e non di crearne nuovi.

La gente della Valsamoggia ha da sempre dimostrato di voler scommettere sulla propria capacità di progettare il futuro senza aspettare che altri se lo prendano e la sfida del nuovo Comune, che in tutta Italia stanno seguendo e copiando, ne è solo l’ultimo esempio.

Quindi avanti e se avete un idea e vi dicono che è impossibile da realizzare, urlategli in faccia, anche da parte mia, “non dire cazzate!”.

Auguri di Buon Anno a tutti e naturalmente, benvenuto Valsamoggia!

Ps. siamo a caccia di idee e talenti da proporre al nuovo comune, se ritieni di avere qualche proposta (anche folle!) fatti avanti, è il momento giusto. daniele.monteveglio@gmail.com – fb/tw daniele ruscigno – skype daniele.monteveglio – wa/viber/line +393472308762

Alle primarie scelgo Civati e tu #civoti?

L’8 dicembre alle primarie per eleggere il segretario nazionale del Partito Democratico ho scelto di sostenere la proposta e la squadra di Giuseppe Civati. Ed è una scelta fatta da tempo, dopo aver valutato le altre tre proposte in campo.

Ho scelto Civati perchè credo ci sia bisogno di coerenza e di coraggio nel portare avanti le nostre idee: non saremo mai credibili se passiamo una campagna elettorale a dire che non governeremo mai più con la destra e poi facciamo il contrario, non saremo mai credibili se per cercare consenso cerchiamo di copiare gli altri e non difendiamo invece i nostri valori;

ho scelto Civati perchè c’è bisogno di concretezza, che si basi su pochi punti chiari e un partito in grado di decidere e perchè c’è bisogno di un segretario a tempo pieno che lavori per rendere credibili le nostre proposte anche alle persone fuori dai circoli, ai giovani, ai volontari che vogliono vedere premiati i loro sforzi dopo tanti anni di delusioni.

Un partito che fatica a funzionare, la poca concretezza nelle nostre proposte e l’incoerenza si sono visti platealmente in quello che è successo dopo il risultato elettorale di febbraio ed in particolare sul caso di Prodi e i 101.

Mi chiedono chi sono i 101? La realtà è che quasi nessuno voleva il governo di cambiamento proposto da Bersani che è stato lasciato solo, ed appena ce ne è stata la possibilità, in segreto, di eliminare la proposta (e il proponente), questo è stato fatto.

Di fronte a tutto questo io sto dalla parte di Civati che insieme a pochi altri ha sempre denunciato queste manovre, ed è sempre stato coerente nel dire no al governo larghe intese, non per questioni ideologiche ma perchè non riesce a dare risposte necessarie al Paese e soprattutto perchè non è mai stato basato su accordi chiari da fare preventivamente non a posteriori (vedi la mozione #civaten..).

Per evitare di ricadere in questi errori ci vuole partito molto organizzato e allo stesso tempo aperto e inclusivo che sappia valorizzare le migliaia di attivisti storici ma che sia attrezzato far partecipare la cittadinanza anche su battaglie solo locali. Quindi no sia alla trasformazione del partito in un comitato elettorale senza anima né struttura, sia alla vecchia idea piramidale e verticistica a livelli accessibili solo a pochi eletti, con più funzionari che gente che va nelle piazze a fare i banchetti.

Un partito che faccia quello che dice, consultando periodicamente gli iscritti usando anche l’istituto previsto del referendum (altrimenti a che serve la tessera?): questo adesso lo dicono anche i sostenitori degli altri candidati, in gran parte presenti in parlamento e io mi chiedo perchè non l’hanno mai fatto? Perchè non ci hanno consultato sulle larghe intese? Ma soprattutto perchè dovrebbero farlo ora?!

E poi proviamo a ripartire dal nostro unico alleato e con tutte le anime della sinistra, con i movimenti dei lavoratori (come si fa ad aver paura di parlare con i sindacati e la fiom?!)  e con la società civile, prima di guardare dall’altra parte..

Ed infine i contenuti secondo me più significativi della proposta: passare della rendita alla valorizzazione del lavoro, introducendo il contratto unico di inserimento lavorativo e universalizzare la tutela della disoccupazione, riformare lo stato, per risparmiare 15 miliardi all’anno, tutelare i beni comuni, i diritti individuali e la nostra Carta Costituzionale (qui la mozione completa).

Ti hanno chiesto di scegliere tra i valori di sinistra e il rinnovamento, non ti accontentare, scegli entrambi, scegli Pippo Civati Segretario e la sua squadra, scegli il rinnovamento di sinistra. #civoti #vincecivati #civado

Biblioteca popolare Peppino Impastato: cultura e partecipazione contro illegalità e neopopulismi

logo_vett1Pochi giorni fa sono stato intervistato da un gruppo di ragazzi che ha costituito una associazione a Bergamo con lo scopo di aprire una Biblioteca popolare intitolata a “Peppino Impastato”.

“L’idea di creare un polo alternativo” – dicono i ragazzi sul sito bibliotecaimpastato.org  – “è per diffondere meglio la cultura e unire ad essa la partecipazione collettiva è sorta subito dopo l’atto unilaterale dell’attuale sindaco leghista di Ponteranica, un paesino poco fuori Bergamo, il quale ha rimosso la targhetta che intestava la biblioteca comunale al martire di mafia Peppino Impastato”.

Faccio i miei complimenti a tutti quelli che hanno reso possibile la realizzazione di questo progetto e ringrazio i ragazzi che sono venuti a Monteveglio per avermi consegnato la tessera della biblioteca popolare.

I libri possono essere inviati per posta o portati di persona al seguente indirizzo: “Progetto Biblioteca Popolare Peppino Impastato c/o ARCI Bergamo – Associazione di promozione sociale Via Quarenghi, 34 – 24122 Bergamo”. Per maggiori informazioni si può contattare l’indirizzo e-mail bibliotecaimpastato@gmail.com

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Il 25 aprile è vivo

25aprileMonteveglio, 25 aprile 2013

“Buongiorno a tutti, e grazie davvero per essere qui questa mattina, in questo giorno in cui ricordiamo il momento più importante per il nostro Paese, per le nostre comunità e per la nostra Repubblica, fondata su quella democrazia conquistata con la battaglia contro chi ci aveva tolto la libertà e che proprio oggi, come ogni anno da quel non tanto lontano 1945, ricordiamo.

E’ un momento storico estremamente difficile: in questi ultimi mesi è aumentato lo scoramento dei tanti italiani che non vedono nessuna prospettiva di uscita da quella lunga galleria che abbiamo imboccato, fatta di una miscela esplosiva di crisi economica, sociale, di identità e di valori. E purtroppo, grazie anche alla persistente incapacità dei governanti del nostro Paese di dare un qualunque tipo di risposta ai problemi reali della gente, primo fra tutti la tragedia della mancanza di lavoro – molti hanno trovato e stanno trovando rifugio nelle facili soluzioni proposte dai soliti imbonitori, proprio come già abbiamo visto in altri periodi storici analoghi e in altre aree del nostro pianeta.

DSCF0053Invece di essere un esempio da seguire vediamo i nostri rappresentanti che non solo con le loro azioni alimentano pericolosi sentimenti antidemocratici, ma che neppure rispettano le principali regole della nostra Carta Costituzionale, lungimirante documento scritto da straordinari interpreti che riuscirono insieme ad abbattere muri ideologici che sembravano invalicabili, a favore della ricerca della migliore sintesi per tutelare il bene comune del popolo italiano.

Abbattimento di muri e sintesi tra culture si badi bene, che non va confuso con il compromesso al ribasso, con chi non difende o rappresenta nessun principio, se non la propria salvaguardia personale e di fazione.

E lasciatemi aggiungere, visti anche i recenti episodi, che siamo al punto che esponenti politici divorati da una smania di autoconservazione che ne compromette l’onestà intellettuale sono arrivati anche ad azzerare l’antico valore dell’accordo verbale, quella stretta di mano che per le nostre popolazioni valeva come e più di un contratto, lasciando spazio a lotte di potere distruttive ad opera di indegni personaggi in teoria portatori di interessi collettivi ma che in realtà neanche più gli interessi e i valori della parte politica a cui sono affiliati riescono a tutelare.

DSCF0074Questo spettacolo spinge comprensibilmente chi ha voglia di impegnarsi per il bene comune a diffidare dai tradizionali soggetti rappresentativi e a cercare nuove vie di azione collettiva. E’ comunque un buon segnale quando le persone escono dal chiuso dei loro recinti e si interessano del bene comune, soprattutto se si tratta di giovani, animati da spirito civico e voglia di fare.

Ma proprio per questo vorrei dire a quei giovani di non cedere alla tentazione di pensare che risolvere i problemi significhi passare solo attraverso esecuzioni di piazza che, per ora, si traducono in non meno cruente gogne mediatiche senza contraddittorio né appello.

Non cedete ai decenni di esaltazione dell’individuo come essere singolo e non come membro di una comunità, e alla conseguente semplificazione che riduce la democrazia a sondaggio deliberativo, illudendosi che da soli i nuovi mezzi di comunicazione – che offrono grandi possibilità di partecipazione da cogliere senza chiusure e pregiudizi – possano sostituire la fatica delle decisioni collettive fatte di composizione di visioni e di interessi, di rappresentanza intesa non solo come mandato imperativo, di tutela dei più deboli, di chi si trova alla periferia e non riesce ad avere voce nel dibattito pubblico, sia che esso avvenga nelle istituzioni tradizionali, sia che esso avvenga su piattaforme di partecipazione elettronica.

Stiamo attenti alla logica in cui tutti gli “altri” diventano nemici da abbattere in un circolo perverso in cui, prima o poi, gli “altri” diventiamo proprio noi, come ad esempio sta succedendo nella vicina Svizzera in cui, nell’indifferenza generale, enormi manifesti paragonano gli Italiani lavoratori pendolari, tra l’altro proprio quelli del nord, a ratti infestanti che rubano il lavoro ai locali.

Ma spesso questo non importa, l’importante è fare massa e attirare consenso, distruggere il nemico, trasformare in bersaglio proprio quelle istituzioni che sono state create per evitare questo tipo di derive in momenti storici come quello che stiamo vivendo.

Certo, gli anticorpi contro queste tentazioni sono più forti qui da noi che altrove: come ho ricordato recentemente durante il dibattito in consiglio comunale per l’approvazione di un ordine del giorno contro la ricomparsa di movimenti di ispirazione nazifascista, è più facile mantenere certi valori da parte di chi ha avuto testimonianze dirette, e tutti noi abbiamo avuto una nonna o un genitore che ci ha raccontato l’orrore di quel periodo.

Non è facile invece trovare gli strumenti giusti per comunicare con le nuove generazioni: preziose attività vengono svolte nelle scuole, ma esiste una difficoltà oggettiva a colmare le distanze culturali con chi è nato in un mondo nuovo e può pensare che si tratti di storie appartenenti a tempi antichi e irripetibili, quasi come se non fossero mai davvero accadute.

Purtroppo, fortunatamente ancora non qui da noi, in tante altre realtà ci sono anche insegnanti che rifiutano queste occasioni dicendo che “non si fa politica a scuola”. Spesso gli stessi che considerano il ricordo della liberazione del 25 aprile 1945 una iniziativa di parte, di una fazione politica.

Questo è il senso della memoria storica, seppur in un clima di sfiducia verso i nostri rappresentanti e nelle difficoltà, essa deve servire a non lasciare lentamente ritornare la tentazione di risolvere i problemi delegando un capo che decide per tutti. E’ necessaria quindi una ferma condanna non solo per gli eventi del passato ma anche verso coloro che oggi a tutti i livelli si esprimono verso di essi con toni condiscendenti, vedi ad esempio i recenti episodi di Casapound e di movimenti neo fascisti.

Nessuna giustificazione o tolleranza, né cedimento verso il revisionismo storico: bisogna opporsi con fermezza alla deriva dei valori. E per questo sono orgoglioso della presenza a Monteveglio di una così attiva sezione dell’ANPI: l’impegno di noi tutti non si esaurisce solo con un voto sull’ordine del giorno in consiglio comunale o con una commemorazione, ma con il lavoro quotidiano di condanna verso chiunque tenti di minare quella libertà che la nostra democrazia ci garantisce.

E in questo senso l’anno in corso è particolarmente importante per le nostre comunità in quanto ricordiamo Don Giuseppe Dossetti a 100 anni dalla sua nascita come padre costituente ed esemplare interprete di quella lungimiranza, senso delle istituzioni e del bene collettivo, che sarebbero tanto necessari in un momento storico come quello che stiamo attraversando.

Un momento storico in cui tutti – partiti, movimenti, rappresentanti dei cittadini e delle istituzioni – e nonostante le difficoltà, dobbiamo continuare il dialogo ed il confronto, senza spaventarsi delle asprezze, per trovare quella via che è stretta, ma che esiste!

La via che da un lato ha la volontà di sfasciare tutto, non preoccupandosi del fatto che dentro a quel “tutto” ci sono anche le garanzie di libertà, democrazia e uguaglianza; e dall’altro lato ha all’opposto l’arroccamento difensivista dentro il Palazzo, che non ha la lucidità di distinguere tra populismo e invece contestazioni costruttive, e che risponde sordamente alla domanda di cambiamento con l’ostinato mantenimento dello status quo, sbattendo porte in faccia a chi prova ancora, testardamente, a portare i cittadini ad innamorarsi di nuovo delle istituzioni, come ha auspicato qualche settimana fa la neo Presidente della Camera Laura Boldrini.

Quella via stretta esiste se abbiamo tutti ben chiaro il fatto che per individuarla, le istituzioni e la politica non devono aver paura di cambiare. Ognuno ai propri livelli, con pazienza, tenendo insieme segnali di esempio e moralizzazione della vita pubblica che possono essere dati subito, ed un lavoro di prospettiva e di riforma, con lo sguardo lungo e con la consapevolezza che ogni cambiamento richiede coraggio e suscita resistenze.

E’ con questo spirito che si deve aprire, tra qualche giorno, la nostra “Assemblea Costituente”, che avrà l’ambizione di riunire le migliori energie del nostro territorio per scrivere lo Statuto Comunale che per noi sarà la carta fondante del nuovo Comune unico: i principi ai quali dal primo di gennaio del 2014 i nuovi cittadini della Valsamoggia si ispireranno, per garantire la qualità della vita necessaria a riprenderci una prospettiva di futuro che sia all’altezza delle nostre comunità e dei nostri giovani.

Il mio invito è quello di partecipare ai lavori con lo stesso spirito che ha portato i nostri padri costituenti a scrivere la nostra costituzione, superando vecchi contrasti, pregiudizi, rancori o peggio interessi particolari e cercando invece di contribuire ognuno con la sua parte migliore, quella che, non poi tanti anni fa, ha spinto tanti nostri giovani concittadini a mettere in gioco la propria vita per riconquistare quella libertà di cui erano consapevoli che probabilmente non avrebbero goduto ma avrebbero lasciato in eredità ai propri figli e alle proprie comunità come gesto estremo di generosità e contributo alla costruzione del bene collettivo.

Partecipare e ragionare insieme non vuol dire scoraggiare le salutari contrapposizioni o le inevitabili visioni discordanti in quel pluralismo di idee che è il sale della democrazia, solo che dovremmo essere capaci – tutti noi – di riuscire a distinguere i piani, quando si tratta di costruire insieme regole e principi condivisi che sono destinati a durare anche dopo di noi, rappresentanti pro tempore della volontà popolare, e a regolare per lungo tempo la vita delle nostre comunità.

Questa è una delle tante sfide dei nostri tempi, proviamo tutti insieme su questo e sui tanti problemi da affrontare, ad essere all’altezza di quei giovani ragazzi che oggi con tanta gratitudine e ammirazione ricordiamo.

Se a tutti i livelli ripartiamo da qui, se teniamo sempre bene in mente da dove veniamo, e se non abbiamo paura di cambiare partendo da noi stessi, c’è ancora speranza per questo Paese e per tutti noi.

Viva la Resistenza! Viva l’Italia! ”

Daniele Ruscigno Sindaco di Monteveglio – Saluto di apertura

(grazie a Emilio Varricchio per alcune delle foto pubblicate)

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Voto il Partito Democratico perchè sono stanco dei venditori di sogni

14823932-3d-bianchi-lavorare-insieme-assemblare-pezzo-di-puzzle-di-colore-isolato-su-sfondo-bianco-immagine-3Siamo un Paese curioso. Dopo aver lasciato crescere il debito nei favolosi anni ’80, abbiamo abboccato per un lunghissimo ventennio ai vari venditori di sogni, alle promesse di milioni di posti di lavoro e meno tasse, a soluzioni miracolose (o semplicemente demenziali) come la divisione in due dell’Italia, come se tagliarsi un braccio fosse la soluzione per guarire una polmonite. Dovremmo avere capito che chi propone soluzioni semplici per problemi complessi ci racconta frottole o no? No, perché sono settimane che se ne sentono di tutti i colori.

“Abbiamo 2mila miliardi di debito?! semplice non lo paghiamo!”, “Mancano posti di lavoro? ti do 1000euro al mese finchè non lo trovi!” “Non sei d’accordo con quello che (io) dico? Togliti dai coglioni!”, “ci sono dei corrotti? Spazziamo via tutti! (E quelli onesti che hanno sempre rispettato le regole? E tutti i giovani che entrano in politica adesso? Tutti uguali? Tutti da insultare e da mandare a casa?)”.
Ma la cosa davvero incredibile è che spesso gli stessi che hanno sostenuto chi ci ha portato sino qui ora si lavano la coscienza dietro il rassicurante (!) ennesimo (poco utile) capopolo. Perchè ci sarà qualcuno che in questi anni ha fatto le scelte politiche che ci hanno portato qui o che semplicemente ha scelto di disinteressarsi della cosa pubblica finchè la crisi non l’ha toccato in prima persona, no? O sono spariti tutti? O è sempre colpa degli altri?

Troppo facile adesso urlare e incazzarsi con un “tutti” che è come dire “nessuno”, che è come cancellare le responsabilità di scelte politiche ed ideologiche precise: dov’era tutta questa gente prima, mentre in molti resistevano giorno dopo giorno per garantire i servizi primari mentre venivano sprecati miliardi in Alitalia, ponti sullo stretto, multe per le quote latte? Mentre veniva attaccata la nostra Costituzione, mentre veniva fatta a pezzi la nostra immagine nel mondo?

Io semplicemente voglio ripartire di chi mi ha garantito fino ad ora la qualità della vita dei miei territori, da chi assicura l’asilo nido e i servizi scolastici a tutte le famiglie e non solo a quelle ricche, da chi sostiene le fasce deboli della popolazione e non le considera un fastidio, da chi vuole una sanità pubblica per tutti e non solo per chi può, da chi pensa che il lavoro sia la base della dignità delle persone e da chi vuole che il contributo ai costi dei servizi della comunità sia proporzionale al proprio reddito e non provenga solo dagli onesti che pagano tutto sino all’ultimo centesimo, anche per chi non paga.
Non è più il momento del tutti contro qualcosa e qualcuno, basta urla, nessuno ha totalmente ragione o completamente torto, bisogna imparare a condividere gli obiettivi per far si che si possano realizzare veramente. Da soli non si va da nessuna parte. Se non si capisce questo tra vent’anni saremo di nuovo qui ad ascoltare il comiziante di turno e a chiedere l’ennesimo azzeramento generale, dopo aver bruciato l’ennesima generazione.

Io per questi motivi ho scelto di votare le tante ragazze e ragazzi, i colleghi amministratori quotidianamente in trincea sui territori e i tanti amici lavoratori e studenti che compongono la squadra del Partito Democratico,  un progetto vero per far ripartire l’Italia con il contributo di tutti.

Un gesto di civiltà

Domenica 10 agosto dalle ore 8 alle 10 presso la casa della salute di monteveglio,che sarà il centro trasfusionale Avis, saranno presenti i volontari per fare un test/prelievo del vostro/nostro “prezioso” sangue.

Ringrazio Bruno (Gadani) , responsabile provvisorio della sezione di monteveglio, per la segnalazione”nella speranza di vedervi e di annoverarvi tra i futuri soci/donatori” citando le sue parole.

(per informazioni Avis )

La città di transizione

Possiamo fare a meno del petrolio ed essere felici?

Ieri sera, nella sede del parco regionale dell’abbazia di monteveglio, si è svolto un primo incontro per ragionare sulla società del post petrolio ed in particolare capire e valutare la replicabilità dell’esperienza di “transizione” di alcuni piccoli paesi del nord europa.

Il tema è molto vasto e impegnativo e passa da azioni “concrete” quali l’esigenza primaria di come reperire il cibo con cui nutrirsi in modo sostenibile fino ad arrivare a concetti di filosofia della nostra esistenza.

Certo è che dopo la brillante presentazione (stile Steve Jobs.. 🙂 ) di Cristiano non si può non rimanere interdetti ed interrogarsi con una certa apprensione sul nostro futuro (molto) prossimo.

Sono convinto però che sia utile sin da subito precisare che non si sta parlando di tornare alla civiltà contadina ma di utilizzare l’ingegno di cui l’essere umano è dotato (!) per sviluppare tecnologie e stili di vita compatibili con la vita stessa del pianeta su cui viviamo.

In attesa di ritornare sull’argomento ecco alcuni link per approfondire.

http://montevegliotransizione.wordpress.com/

http://ioelatransizione.wordpress.com/

http://transitionculture.org/

Inno alla vita

Ciao e benvenuto.

Era tempo che volevo costruire un mio personale archivio digitale in modo da avere a portata di mano pensieri e frammenti della mia vita, per ritrovare appunti velocemente e condividere esperienze, ma da appassionato e tecnico IT alla perenne ricerca di innovazione ho sempre rimandato fino alla ricerca della soluzione a mio giudizio “perfetta”. Stamani, leggendo la notizia di cui il titolo a questo post, ho deciso di partire lasciando perdere tecnicismi che più avanti potrò inserire, lasciando spazio alla vera sostanza di ognuno di noi: le nostre idee.

Vorrei quindi modestamente aprire questo blog, omaggiando un professore di informatica americano,  che purtroppo non potrà più essere fisicamente tra di noi ma che ha lasciato indelebile la sua traccia  a tutti coloro che hanno avuto e avranno la fortuna di conoscere la sua storia.

“L’esperienza è quello che ottieni quando non ottieni quello che desideri”

[youtube=http://it.youtube.com/watch?v=k-rEHMic2KY]

(wikipedia su Randy Paush e il filmato integrale della sua “The Last Lecture”)